A uno studente disorientato, fuori orario di lezione

Il tempo sta prendendo un ritmo contorto, ripiegato su se stesso, certamente diverso. Lo so. Sto male anch’io. La nostra vita, del resto, prende una diversa piega, indipendentemente tanto da lei quanto da me. Facciamoci la nostra ragione.

Che sarà dopo, mi chiede. Non so risponderle. Ma le domande, abbiamo imparato, sono sempre più importanti delle risposte. Quindi la ringrazio per lo sprone che mi dà.
Sappiamo che ci sarà “il dopo” e questo ora deve bastarci per porci il problema di cominciare a pensarlo. Come lo vivremo, lo stiamo facendo istante per istante, in queste ore, brevi e interminabili. Inquiete.
Siamo a uno di quei momenti topici della Storia di cui i vostri nipoti vi chiederanno conto e racconto. Racconto e anche conto. Quando ci si è dentro, impariamo oggi sulla nostra pelle, si vive sospesi sullo scorrere del tempo, come se, staccata la frizione, la vita scorresse in folle, giù per il futuro. Innanzi tutto, si tratta di sopravvivere, certo; ma per rimanere vivi, c’è da restare umani, innanzi tutto. E, dunque, c’è tutto da studiare.

Manteniamoci lucidi, attenti, informati e riflettiamo. Comunichiamo. Scambiamo, disposti a cambiare tutto e tutti, a cominciare da noi stessi, concedendosi il lusso di cambiare, interpretando il cambiamento della Storia. L’interpretazione, d’altronde, è sempre impegno e ha natura intimamente pubblica.
Studiamo. Studiare vuol dire, infatti, adoprarsi, cioè usare il proprio tempo e gli strumenti a disposizione per assecondare lo sviluppo della propria quota di umanità. Indubbiamente stiamo studiando anche se chiudiamo i libri. Ma non lo prenda come un invito a chiuderli. Anzi, i libri (figurarsi i video della Didattica a Distanza), sono strumenti fatti per essere adoprati, prima e dopo la lettura, per assecondare lo sviluppo di se stessi. Se nel mentre si legge, si scambia esperienza, e si cambia. Ognuno legge dunque il proprio libro. Ecco perché i libri sono molti di più di quanti li scrivono: sono quanti sono tutti i loro futuri lettori. Se li leggiamo, se li studiamo, non studiamo solo per noi, ma per aggiungere un piccolo grande x a quell’intelletto collettivo che ci accompagna e vive delle nostre letture, e solo di lì muove il corso della civiltà.
Usate tutti gli strumenti per studiare il presente, la cronaca più stringente come il passato più remoto, la serratura come la chiave che la apre. Usate libri e insegnanti. Sì, noi siamo vostri strumenti: serviamo se lasciamo un segno. Come strumenti siete voi per noi, del resto. Per questo vale il monito di fare degli esseri umani, sempre e assolutamente, “un uso umano”: per restare umani. Usiamoci bene e con cura reciproca. Lasciamo che ciascuno lasci il suo segno nella nostra vita e interpretiamolo con la nostra libertà. La società dei molti esiste perché l’io di ciascuno sia e resti umano: negare la società è negare l’Umanità. L’ideologia della negazione della socialità è la classica profezia che si autoadempie. Come vediamo. E qui siamo, dunque, all’oggi.

Ma ora andiamo a studiare. E quel che abbiamo studiato, ristudiamolo daccapo, proprio come quando si fa lezione(!), anche se vi parrà strano come parve a me quando fui i banchi come voi adesso e qualcuno, un grande insegnante, mi spiegò: “Fare lezione è il modo migliore per studiare davvero”. Adopriamoci, dunque, qui, ora: stiamo facendo lezione alle future generazioni. Mettiamoci la nostra parte di mondo sulle spalle e facciamo in modo da far bella figura, domani, con loro. Hic manebimus optime, con un sorriso in più

Andrea Cerroni, Professore associato di Sociologia dei Processi culturali e Comunicativi presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano Bicocca

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