LE TASK FORCE SULLE FAKE NEWS NON RISOLVERANNO IL PROBLEMA

di Michele Zizza

Oramai ogni giorno nasce una task force sulle fake news e dentro ci mettiamo un po’ tutto q.b. Il fenomeno, da sempre studiato e con una bibliografia autorevole dedicata, negli ultimi anni è stato particolarmente approfondito perché ci troviamo in un contesto sociale in cui tutto è informazione e tutto è comunicazione. Il ruolo centrale di queste due aree scientifiche ci ha resi un po’ tutti esperti di materie estremamente complesse che, purtroppo, trovano sempre meno approcci metodologici e visioni epistemologiche e sempre più considerazioni spicciole in un quadro olistico complesso. Proprio negli ultimi giorni, appunto, sono state sbandierate task force ancor prima di individuare gli obiettivi di analisi e la metodologia di ricerca su cui sviluppare lo studio. È fondamentale ricordare, infatti, che le fake news aprono a uno studio multidisciplinare fondato su riscontri altamente scientifici. Gli ultimi anni hanno posto al centro il ruolo dei bias cognitivi su cui, purtroppo, non è stato manifestato alcun cambio di paradigma del mondo dell’informazione e della comunicazione, aree in cui si plasmano, appunto, le notizie non vere o non corrette. Fa infatti pensare, sulla base di queste tesi, il fatto che siano stati creati tavoli tecnici senza coinvolgere i dipartimenti accademici, il CNR e le società di analisi dei dati. La delicata realtà che viviamo richiede infatti una forte responsabilità d’azione per azzerare o almeno ridimensionare un fenomeno che potrebbe acuire “l’infezione” prodotta dal COVID 19. Sono infatti necessarie due nuove proposte di approfondimento che, lavorando parallelamente, possono confluire su un unico obiettivo. La prima proposta si basa sull’adozione di una tecnologia avanzata per tracciare e individuare le fake news, su cui alcuni team universitari stanno lavorando e la seconda proposta, invece, si basa sull’inasprimento della normativa specifica che possa punire chi genera e usa informazioni non vere in un momento di emergenza o di particolare esposizione per il Paese e le sue infrastrutture sensibili. La combinazione di queste applicazioni apre a un nuovo scenario di studi e confronti e assume una veste più pragmatica e meno interpretativa. Anche in questo caso sarà necessario avvalersi di ricercatori e docenti che trattano le discipline che costruiscono le macro aree didattiche della sociologia e della comunicazione e pertanto non si possono, assolutamente, costruire “team alla carta”.
Fa ancor più riflettere se a farlo sono istituzioni ed enti governativi che dovrebbero puntare esclusivamente alle eccellenze accademiche e di ricerca. Per questo vulnus, infatti, alla fine di questa emergenza ci troveremo con qualche report in più sulle fake news e ancora con un percorso da riconoscere e affrontare con serietà e scientificità.

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