Per una teoria dell’organizzare propone una lettura delle organizzazioni che scopre dinamiche sottili dove altri vedono forme e strutture rigide.
Per una teoria dell’organizzare afferma che le reti di azioni che noi costruiamo sanno essere plastiche e basate su molti poli, tenute insieme da connessioni “lasche”. Ed è bene tenerne conto.
Per una teoria dell’organizzare ci mostra come usare l’analisi etnografica e la teoria della narrazione per capire a fondo l’agire e l’interagire.
Perché il tempo delle concezioni prometeiche della leadership è finito. Lo è anche quello in cui le riforme dall’alto erano viste come panacea.
Perché è urgente capire come le innovazioni si diffondono, si trapiantano da un posto a un altro, vengono traslate.
Perché dobbiamo imparare a studiare processi complessi e policentrici. Senza cadere nelle trappole dei miti.
Se ne consiglia la lettura a chi sappia superare la fantasia che le idee viaggino in una sola direzione. E che il cambiamento pianificato è l’unico possibile.
Se ne sconsiglia la lettura a chi è a caccia di ricette, senza accogliere una teoria. Nessuna scelta è scartabile a priori.