Care Colleghe e cari Colleghi,
vi giunga in questi giorni il mio augurio non rituale.
Siamo provate e provati, chi in maniera più diretta dall’esperienza della malattia; chi dal protrarsi delle contraddizioni e dei disagi di questo tempo denso eppure, apparentemente, sospeso.
E tuttavia, proprio il richiamo alla concretezza del tempo che viviamo, al valore dei singoli giorni e al loro senso può aiutare a scrollarci di dosso l’impressione di vivere tra parantesi, sospesi tra un passato ormai smarrito e un futuro incerto e poco rassicurante. Anche adesso il presente si offre nella sua concretezza, se solo sappiamo coglierla. La sospensione apparente del tempo non è un dato, se ad essa rispondiamo con un consapevole e responsabile mutamento del nostro atteggiamento. Rinnovare lo sguardo su questo tempo non è solo un modo per riconciliarci con la fatica del presente e riannodare i fili con il passato. È soprattutto un impegno per il futuro. Entrare in questa prospettiva ci apre a una speranza costruttiva, ben diversa dal pensiero magico, per cui alla fine – basta crederci – tutto andrà bene; come diversa dall’idea che ciò che occorre sia solo “tornare a vivere” – quasi che la vulnerabilità, la sofferenza, la rinuncia al via vai frenetico non fossero parte costitutiva della vita, condizione per dare valore a tutto il resto. Questa speranza si radica in una consapevolezza profonda, nel sentire e sapere che i progetti in cui siamo impegnati, le attività quotidiane e le relazioni, hanno un valore e un senso quando investiamo in essi in modo sincero e autentico; quando è la sapienza del cuore, insieme a quella dell’intelletto, a guidare le nostre scelte. Una convinzione che vale pure in questo periodo di limitazioni di vario genere e di una quotidianità trasformata, che ci interpella non solo come singoli, ma come collettività.
Il coinvolgimento che, come sociologi e sociologhe, sentiamo di fronte alla collettività sociale, di cui siamo parte, ci motiva a proseguire in un progetto di riposizionamento nella sfera pubblica e di responsabilità verso un diverso disegno di futuro per il Paese. Questa valenza pubblica hanno assunto anche iniziative specifiche di Sezioni AIS che in questi mesi hanno voluto dare un contributo al processo di ricostruzione che il Paese dovrà affrontare e che ci auguriamo troveranno integrazione in un progetto collettivo più ampio che coinvolga tutta la comunità scientifica dei sociologi e delle sociologhe, culminando nel prossimo Convegno di metà mandato. L’appuntamento, intanto, è per l’8 aprile pomeriggio con la Presentazione del Libro Bianco a cura della Sezione Salute e Medicina di AIS, organizzato insieme all’Istituto Superiore di Sanità.
Perché il nostro impegno, nutrito di studi e ricerche, abbia l’impatto che serve nella sfera pubblica, dovremo imparare a passare dalla cifra individuale e personale a quella istituzionale, nel dispiegare nuove pratiche organizzative che diano a tutti i nostri possibili interlocutori l’accesso al nostro sapere, all’immaginazione sociologica, alle sue potenziali applicazioni, agli strumenti valutativi delle possibili policy – dando ascolto e voce anche a chi è nel cono d’ombra dell’invisibilità e del silenzio e contribuendo a contestualizzare – e situare senza ideologismi, nello spettro dei valori sempre in conflitto – anche i risultati che provengono dalle altre discipline scientifiche.
Accendiamo allora, faville di luce e solidarietà, che illuminino questo passaggio nel tempo concreto che ci è toccato e diano a credenti e non credenti l’occasione di sentirlo non come tempo di sospensione, ma di liberazione, piena e autentica.
A Voi tutte e tutti, ai Vostri affetti, pensando al futuro delle generazioni cui dobbiamo un futuro e al legame con coloro da cui un futuro abbiamo ricevuto, buona Pèsach, buona Pasqua di liberazione, piena, autentica e duratura.
La Presidente
Maria Carmela Agodi