«Un’esplosione di insofferenza dopo la pressione del lockdown»

Carmen Leccardi insegna Sociologia della cultura all’università Bicocca: «Gli adolescenti si sentono incapaci di affrontare il futuro, non hanno idea di come uscire da questa situazione difficile»
di Federica Cavadini

Risse. Pestaggi. Non importa dove: luoghi della movida o periferie. «Questa esplosione di violenza va oltre il disagio giovanile di ragazzi ai margini, ha a che fare con la pandemia e l’isolamento», secondo Carmen Leccardi, docente di Sociologia della cultura dell’università Bicocca.

Qual è la sua analisi?
«L’aggressivita e la violenza a cui assistiamo è un epifenomeno, è la punta dell’iceberg. Dobbiamo chiederci che cosa sta dietro e il tema nuovo è che questi episodi avvengono dopo un anno e mezzo di lockdown e di scuole chiuse».

Effetto anche dell’isolamento forzato per le restrizioni Covid ?
«Sì. Queste scazzottate in pubblico, anche in pieno centro città, esprimono aggressività, frustrazione. E in questo caso a esasperare la sofferenza è la lunga sospensione dalla vita quotidiana ordinaria. La scuola garantisce forme di socializzazione, incontro, condivisione di luoghi. Tutto questo manca da più di un anno. Gli effetti del lockdown sono noti, gli specialisti di neuropsichiatria segnalano più casi di depressione e il comportamento violento è un’altra espressione dello stesso malessere. È il danno sociale della pandemia. E colpisce anche giovani apparentemente integrati, a tutti i livelli. Impressiona la scazzottata nei luoghi della movida all’Arco della pace ma ci sono più episodi spia dello stesso disagio».

Un esempio?
«L’ultimo è di ieri. Un ragazzino, a Frosinone, pestato a sangue da cinque coetanei per aver scritto a una ragazza su una chat “sei bellissima”. Aderire a una rissa può dipendere dal background etnico, dalla classe sociale di appartenenza, dal quartiere dove si vive. Il disagio si manifesta comunque, e sta succedendo in Italia come in altri Paesi europei».

Per la rissa di Milano sono stati fermati ragazzi appena maggiorenni e anche minorenni. L’età a rischio qual è?
«Sono a rischio in particolare gli adolescenti e questa fase tende a protrarsi negli anni proprio perché non ci sono prospettive per una transizione prevedibile all’età adulta. Si sentono incapaci di affrontare il futuro, adesso non hanno idea di come uscire da questa situazione difficile. È cosi per tanti giovani, più o meno privilegiati socialmente, anche se l’isolamento ha colpito in maniera diversa: ci sono ragazzi che sono rimasti esclusi anche dalla dad perché a casa non c’è la connessione o il pc. Esprimono tutti lo stesso disagio. Rispondono a un mondo che sembra non farsene niente dei giovani e degli adolescenti se non per bollarli come nullafacenti e non interessati al loro futuro. A noi adulti tocca prenderci le nostre responsabilità».

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