Un pensiero per il giorno della memoria

27 gennaio 2023
di Alessandro Cavalli

Da sempre cerco di riflettere sulla “questione ebraica”. Non solo per l’importanza che ha avuto nella mia biografia personale,  ma anche perché si intreccia con il mio lavoro intellettuale e anche con l’orizzonte delle mete del presente e del futuro. Premetto che non sono ebreo e non sono credente, ma non sono banalmente “ateo”. Penso che le religioni siano delle costruzioni umane, cioè di una specie che ha consapevolezza della propria mortalità e quindi si chiede se esiste un “al di là”, un mondo oltre la morte, cioè un mondo che non muore, vale a dire, un’eternità, qualcosa che non ha confini temporali e spaziali.

Tutte le società umane hanno sviluppato qualche forma di pensiero religioso. Tra le tante forme quella che ci è più vicina è il monoteismo e la prima religione monoteista è la religione ebraica. Non è escluso che anche  altre religioni  possano vantare questa caratteristica, però per quanto concerne la nostra storia, il popolo ebraico è il primo ad aver postulato l’esistenza di un solo dio, dopo la cacciata dall’Egitto dei faraoni (la datazione dell’evento è controversa).

Un popolo (cioè, una popolazione che riconosce un proprio capo, in questo caso  Mosé) che crede nell’esistenza di un solo dio, se circondato da altre popolazioni che credono in divinità plurime, tende a considerarsi “eletto”, se non altro per l’irresistibile fascino esercitato dall’idea di “unità” e “unicità”. Sul significato di “popolo eletto”, cioè scelto da dio, anche nella tradizione ebraica ci sono molte interpretazioni. Non c’è dubbio però che la “questione ebraica” nasce dalla pretesa di ogni popolazione che crede in un solo dio che il proprio sia l’ “unico vero”, mentre quello degli altri sia una “falsa” divinità. Questo spiega come le guerre di religione più accanite si siano combattute tra popoli di religione monoteista. La questione ebraica nasce dallo scontro di monoteismi diversi che trovano tuttavia la loro origine comune nella religione ebraica.

La questione ebraica è  sopravvissuta alla sua origine religiosa e riguarda non più solo i credenti, ma anche tutti gli atei e gli agnostici sia ebrei che non ebrei. Quanto l’antisemitismo abbia contribuito alla sopravvivenza dell’identità ebraica è questione che merita di essere ripresa (suggerisco di rileggere pagine illuminanti di Marx, Sartre, fino a Edgar Morin).

Non c’è bisogno di sottolineare il contributo degli ebrei (religiosi e non) alla cultura europea e mondiale. Non bisogna dimenticare però che l’antisemitismo è stato un fenomeno essenzialmente europeo che si estende dagli Urali al Portogallo e che ha raggiunto l’espressione estrema in Germania nella Shoa e nel nazionalsocialismo. La “colpa”, se di colpa si può parlare, non è soltanto della Germania, ma dell’Europa tutta. L’antisemitismo ha raggiunto il culmine quando il nazionalismo ha raggiunto il culmine ed ha in un certo senso costretto un popolo appartenente a molte nazionalità  a costruirsi una nazionalità propria. Il sionismo e la creazione di uno stato di Israele in terra di Palestina è difficilmente pensabile senza l’antisemitismo alimentato dai nazionalismi. Il nazionalismo degli stati europei ha alimentato il nazionalismo dello stato ebraico che probabilmente non sarebbe neppure mai nato.

Gli ebrei europei avevano goduto (si fa per dire) dell’incerto “privilegio” di mantenere una propria identità come popolo pur avendo “patrie” diverse, erano nello stesso tempo “cittadini”, ma anche “stranieri”, italiani, tedeschi, francesi, spagnoli, polacchi, russi, ecc. ma anche “ebrei”.  In un certo senso possiamo dire che gli ebrei avrebbero potuto costituire un nucleo originario di un popolo europeo in formazione se il nazionalismo europeo non li avesse costretti a diventare essi stessi dei nazionalisti.

Fino alla Shoa la grande maggioranza degli ebrei vivevano in Europa. Dopo la Shoa si sono sparsi in tutto il mondo. Oggi il 45 % vive in Israele, quasi altrettanti negli Stati Uniti e in Canada, il resto in America Latina, in Europa ne è rimasta una ristretta minoranza, soprattutto in Francia e Gran Bretagna, alcune comunità resistono nel Nord Africa, in Iran e in Turchia.  Possiamo sperare che  gli ebrei, che avrebbero potuto diventare l’avanguardia del popolo europeo in formazione, possano diventare ora, sulla scia dell’esempio di Albert Einstein, l’avanguardia di una cittadinanza globale.

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