di Mirella Giannini
Pierre Dubois, Sociologue du Travail et des Organisations, ci ha lasciati domenica 3 novembre scorso, qualche giorno dopo aver compiuto 80 anni. Chi lo ha conosciuto non può certo aver dimenticato il grande contributo di competenza disciplinare ma soprattutto di umana generosità. Ce l’aspettavamo, sapendolo malato, ma la notizia della morte di una persona come Pierre apre in noi una voragine al dolore.
Pierre ha insegnato in varie Università, Jussieu Paris VII, Nanterre Paris X, Marne-la-Vallée Paris Est, ha ricoperto incarichi di direzione e di responsabilità gestionale di Programmi e Laboratori CNRS, fondatore e direttore di Unità di ricerca e di Corsi di laurea specialistici. La ricerca e l’insegnamento sono sempre andati di pari passo, e l’aveva ben compreso il nostro compianto Michele La Rosa, con il quale ha trascorso periodi di visiting e scambi di teaching nell’ambito del Progetto Erasmus, organizzando lezioni e seminari per disseminare i risultati delle ricerche. Così ha fatto instancabilmente con colleghi di altre università europee e italiane, mantenendo con loro legami duraturi e anche amicali, come con l’università di Budapest la cui referente è stata Simonyi Agnes, con le università di Bari e poi Napoli, la cui referente sono stata io, Mirella Giannini.
Notissimi i suoi libri sul lavoro in fabbrica e sugli scioperi, a cui, lui figlio di operai di Lille, si è dedicato già nei primi anni della sua carriera. Tra i suoi numerosissimi scritti, frutto delle sue ricerche, è importante ricordare quelli pubblicati in Italia, in particolare con i colleghi Roberto Moscati e Stefano Boffo, che trattano dell’educazione e dei percorsi universitari. Un amore per questi temi che non l’ha mai abbandonato, tanto che da docente pensionato si è subito trasformato in blogueur: Histoire d’Universités.
Nella sua biografia professionale, ricordata nei numerosi siti, è tracciata una traiettoria di ricercatore e docente curioso, sicuramente brillante, spesso irrispettoso delle convenzioni accademiche, quando, come gli aveva insegnato Pierre Bourdieu, queste lasciavano irrisolti i problemi delle persone, studenti o insegnanti che fossero, per tessere una rete di poteri autoreferenziali. Tra i suoi colleghi e amici italiani, noi di Bari desideriamo ora aggiungere un tassello alla biografia di Pierre Dubois, ricordando le occasioni in cui è stato qui, perché siamo convinti che è venuto certo di essere accolto con il rispetto e con la simpatia che si dà volentieri ad un uomo colto, amante dell’arte nelle sue forme più sublimi, ma anche della allegra convivialità.All’università di Bari, Pierre Dubois nel tempo ha dato lezioni e ha partecipato a seminari, ed è stato anche in commissione di laurea, correlatore di Fabrizio Versienti, allora tesista Erasmus, oggi giornalista del Corriere. In quell’occasione lui, con voce dolce e pacata e sorriso luminoso, non mancò di stupire la commissione con i suoi irrituali apprezzamenti del lavoro svolto.
A Bari è tornato anche molto recentemente per mostrare la sua voglia di mantenere i legami di amicizia con Agnes, con Stefano e Valentina, con Fabrizio, con Alda, con me e Luigi, e noi siamo stati con lui, abbiamo parlato di sociologia, di cultura, di arte, abbiamo passeggiato e pranzato insieme, e non sapevamo che sarebbe stata l’ultima volta.