Per il Professor Tomelleri le riforme tecniche non sono sufficienti per ritrovare la speranza, che diventa la sfida più urgente
Roma, 21 mag – “Il Rapporto dell’Istat sul 2025 fotografa un’Italia rassegnata, che ha perso la speranza nel proprio futuro. I dati riportati indicano che i salari sono stagnanti, la produttività in ritardo, il tasso di occupazione è il più basso d’Europa ed è diffuso il rischio povertà, che coinvolge quasi un quarto della popolazione. Soprattutto, la crescita economica rallenta mentre si acuiscono le disuguaglianze sociali, generazionali e di genere, con il Mezzogiorno che continua a essere escluso dalle traiettorie di sviluppo. Ciò che traspare dai dati, da un punto di vista sociologico, è una crisi profonda. Quella, appunto, della fiducia nel futuro”.
Lo afferma il Professor Stefano Tomelleri, Presidente dell’Associazione italiana di sociologia e Prorettore dell’Università degli studi di Bergamo commentando il Rapporto annuale dell’Istat.
“I sintomi di questa crisi sono particolarmente evidenti – prosegue Tomelleri- guardando alle categorie dei giovani e delle donne. I primi, seppur istruiti, troppo spesso faticano a trovare sbocchi coerenti con i loro percorsi, mentre le donne sono ancora oggi penalizzate all’interno del mercato del lavoro. Un altro sintomo dell’attuale situazione è riscontrabile nelle carenze del sistema di formazione, istruzione e ricerca. Queste, difatti, dovrebbero essere le leve strategiche per colmare il divario tra competenze e opportunità. Il senso di rassegnazione – prosegue il Presidente dell’Ais – non è quindi solo economico, legato alla stagnazione, ma anche sociale e culturale: l’Italia sembra aver smarrito la speranza che il cambiamento sia possibile. La mobilità sociale si è inceppata, e con essa la speranza che l’impegno personale possa tradursi in progresso di tutto il Paese. Ritrovare questa speranza diventa quindi la sfida più urgente. Non bastano, dunque, le riforme tecniche: serve una visione che rimetta al centro il valore del lavoro, della conoscenza e della coesione. Solo così l’Italia potrà tornare a credere in sé stessa”.